Col senno di poi, viene da chiedersi perché non sia mai venuto in mente a nessuno prima di dedicare una graphic novel all’avventurosa vita di Diego Armando Maradona. Quello che invece può sorprendere è che un racconto a fumetti sul controverso Diego arrivi dai tipi di BeccoGiallo e per mano di Paolo Castaldi: una casa editrice nota ai più per l’attenzione a storie di impegno politico e sociale, e un autore che poco prima aveva sentito l’esigenza di raccontare attraverso le immagini la dura vita Etenesh, giovane migrante.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Paolo che ci ha spiegato il perchè di una graphic novel su Maradona, come si fa a passare dalla storia di un migrante a quella del Pibe de Oro e la sua visione della vita da fumettista.

 

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Ciao Paolo!
Da cosa nasce l’idea di scegliere Maradona come protagonista di una graphic novel?
Dal caso innanzitutto.
Una sera, dopo una presentazione di Etenesh, discutevo con Guido Ostanel (uno dei due editori Beccogiallo) di possibili soggetti da sviluppare. Lui, un po’ per caso credo, fece riferimento a Maradona. Mi disse che da un po’ stavano cercando, senza successo, qualcuno che fosse intenzionato a realizzare un libro su Diego. Ovviamente mi si illuminarono gli occhi. In quel momento abbiamo capito entrambi che la cosa era fatta e non si poteva tornare indietro.
Per me era un’occasione unica per poter mettere su carta tutta la magia, il fascino e il carisma di questa personalità. Io sono maradoniano da sempre, la mia famiglia ha origini napoletane, mi sembrava il modo migliore per rendere omaggio a Diego, a mio padre ed ai miei nonni, a Napoli.
Ne fui entusiasta, anche se onorato credo sia la parola più corretta.

Dal tuo precedente lavoro – Etanesh, la storia di una migrante africana – a Maradona c’è un bel salto, come contenuti e toni del racconto: è stato difficile ri-sintonizzarti su una storia e un’atmosfera così diverse?
Non è stato molto difficile. Il lavoro di documentazione che c’è dietro ad un graphic novel è molto lungo ed accurato. Per mesi si leggono libri, articoli di giornali, scritti, si visionano video, si vivono i luoghi, si parla con la gente. Si è completamente immersi nelle tematiche e nelle atmosfere che poi andranno a comporre la storia. Non c’è molto spazio per il resto. Inevitabilmente tendi ad accantonare per un po’ tutto ciò che è venuto prima.
Non significa dimenticare però. Le tematiche di Etenesh le sento ancora mie e faranno sempre parte del mio vissuto di persona e di autore. Tra l’altro restano tematiche ancora troppo spesso attuali, purtroppo. Quindi bisogna continuare a mantenere alta l’attenzione.

Nel libro hai optato per una visione molto intimistica di Maradona, escludendo del quasi del tutto i momenti più controversi della sua vita: come mai questa decisione?
Perché volevo che fosse il mio libro per Maradona. Non un libro su Maradona.
Fin dall’inizio ero dell’idea di fare un fumetto tutto anima e core, senza filtri o mediazione. Di biografie e libri che parlano della vita di Diego ce ne sono moltissimi, soprattutto della sua parte più oscura e controversa, quella che fa vendere di più. Che senso avrebbe avuto aggiungerne un altro? Volevo che il mio fosse un libro di parte, che raccontasse a tutti perché Maradona è così amato da una città intera, e da una nazione, l’Argentina. Volevo mostrare ciò che si tende a non raccontare mai. Volevo mostrare il Diego più vero ed autentico. Il Diego che sente sua la questione meridionale, il Diego sempre al fianco dei più deboli, dei bambini di Napoli, il Diego compagno di squadra generoso ed altruista che mai ha fatto pesare il suo talento all’interno dello spogliatoio. Il Diego che aiuta a sognare, perché lui stesso è un sogno vivente, anzi due, visto che è ha partecipato alla Coppa del Mondo e poi l’ha vinta, come lui stesso si augurava di fare in un’intervista televisiva, giovanissimo.
Poi capisco che Diego Armando Maradona è così, o lo si odia o lo sia ama. Non mi aspetto che il libro piaccia a tutti.

Maradona rappresenta tuttora, a più di 20 anni di distanza dagli episodi che racconti, il simbolo di rivalsa più usato – ed abusato – da Napoli, e questo sentimento attraversa buona parte del tuo racconto: cosa si è fermato da allora?
Semplicemente non è arrivato più nessun Diego Armando Maradona a Napoli.
Inoltre una figura così “enorme” come la sua, così radicata nel culto popolare, difficilmente può venire dimenticata. Si farà sempre riferimento a Maradona, anche fra 50 o 70 anni. E questo non lo dico io, ma lo dice un ex calciatore francese ad esempio, un certo Eric Cantona che afferma: “Si parla di un campione o di un altro a secondo delle generazioni, ma io so che fra 100 anni, se si parlerà di calcio si dovrà parlare di Maradona così come per la poesia si cita Rimbaud per la musica Mozart.”
Se così sarà nel mondo, figuratevi a Napoli, dove Diego ha rappresentato l’unico vero riscatto sociale per la sua gente, l’unico che è riuscito a far parlare della città partenopea sui giornali di tutto il mondo senza che venissero nominate le parole “camorra”, “colera”, “ladro”, “rifiuti”.
Bisogna ricordare inoltre che la città di Napoli ha una storia molto particolare, controversa e anche sfortunata. Non credo sia stato facile passare dallo status di città-fulcro della cultura italiana tra l’ottocento ed i primi del novecento, a città-simbolo dell’emarginazione e del razzismo tra nord e sud. La miseria piombata su Napoli durante la seconda guerra mondiale e le sciagurate politiche attuate durante la prima Repubblica hanno penalizzato lo sviluppo del sud Italia ed hanno offerto il fianco a chi volle sfruttare a suo favore questo nuovo degrado culturale, instaurando una stato parallelo lì dove le istituzioni sono venute a mancare. Arrivò la camorra.
Così Napoli divenne un peso per il resto degli italiani, un cancro da estirpare. Fino al 1984. Fino a che arrivò Maradona. Ovviamente Maradona non risolse i problemi che ancora oggi affliggono la città campana, ma credo che diede per un attimo la forza e la speranza a chi forse l’aveva persa del tutto, a chi si era abituato ad essere ultimo, nel calcio, nella vita, in Italia, sempre.
Ecco perché ritengo che mai nessuno sarà come Diego. Qui non si possono fare paragoni utilizzando statistiche, numeri, gol, trofei vinti. Perché Cavani potrà anche fare mille goal a Napoli ma l’anima ed il coraggio per andare avanti, almeno per un giorno, almeno per il lunedì dopo la partita, quelli, è stato Maradona a regalarli a chi li aveva persi. E valgono più di mille gol…

 

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Realizzare una graphic novel su Maradona era il sogno della tua vita come autore di fumetti? Intanto, come ci si sente ad aver realizzato un proprio obiettivo, e vederlo incarnato fisicamente in un volume cartaceo da toccare e sfogliare?
Sì, era uno dei miei sogni. Ma ne ho ben più di uno.
Di certo aver messo su carta questo progetto mi rende molto molto felice. I pochi giorni che separavano la consegna del materiale all’editore dalla stampa in tipografia sembravano non passare mai. Ho attraversato vari stati ansiosi più o meni acuti durante l’ultimo periodo di lavorazione!
C’è da dire però che il tempo che occorre per la realizzazione di un libro a fumetti come Diego Armando Maradona, di oltre 140 pagina disegnate, scritte e colorate, è molto lungo. Quasi un anno. Le emozioni e le sensazioni che ti accompagnano durante tutto il processo lavorativo sono molte e molto variegate. Hai il tempo di metabolizzarle e di farle tue però. Quindi al momento di avere il libro per la prima volta nelle tue mani hai la strana sensazione che tutto sia già passato da un po’, come guardare una foto di qualche anno prima al quale sei molto legato. Non si ha il picco di adrenalina della scintilla improvvisa, dell’attimo che arriva rapido ed inaspettato, che ti spiazza e ti stordisce, come può essere per un calciatore che fa un gol importante ad esempio. Lì tutto succede in pochi secondi, non ti rendi conto di nulla, esplodi e basta.
Per chi fa un libro è come accogliere tra le mani qualcuno (non qualcosa) che aspettavi da mesi. E’ una felicità profonda ma più sommessa. Diversa.

Non è da tutti realizzare il proprio obiettivo in una fase così giovane della propria carriera da autore? Non ti senti svuotato? Un nuovo obiettivo ha già sostituito il vecchio?
La prima cosa che dico a me stesso appena consegno un libro è sempre la stessa: “Okkei, per almeno sei mesi non voglio più vedere una matita, non voglio fare niente di niente”. Ti senti svuotato completamente. Ti senti esausto.
Dopo un paio di settimane sono lì che penso a quel potrebbe essere il soggetto ideale per il prossimo lavoro, fantastico su quale tecnica potrei utilizzare, su quale tipo di carta.
Non ci posso fare niente, purtroppo. O per fortuna.
Mi impongo comunque di andare a freni tirati per i primi mesi, anche perché dopo che si consegna e si stampa un libro inizia un altro lavoro, se vogliamo ancora più difficile. La promozione. E sottovalutarla per dedicarsi ad altri progetti non è cosa saggia. Io l’ho imparato con l’esperienza.
Quindi non posso dire con onestà che non sto pensando a nuovi soggetti, ma ho imparato a godermi il momento, a rilassarmi, a godere delle belle recensione e dei complimenti dei lettori e a prendermela poco per le stroncature.
E’ un bel momento quello “di mezzo” tra un libro ed un altro. Bisogna ributtarsi nel mondo e capire cosa è successo intanto che sei mancato. Risenti amici che vedevi di meno, esci di più la sera. Vai più volentieri alle fiere di settore. E intanto ti arricchisci di cose nuove che poi ti serviranno per scrivere una nuova storia.

Etenesh ti è valso il premio come Autore Rivelezione al Treviso Comic Book Festival dell’anno passato, Maradona è stato accolto molto bene ed è in questo momento il titolo di punta della tua casa editrice: uno potrebbe pensare che a questo punto tu possa vivere di fumetto come accadrebbe in altre nazioni, ad esempio in Francia. È così?
No, non è così.
In Italia le realtà che ti permettono di tirare avanti solo facendo fumetti sono molto poche, Bonelli e Disney per intenderci, realtà che non vanno incontro al mio interesse, (e va da se io non vado incontro al loro probabilmente) anche perché essendo autore completo mi verrebbe difficile trovare una collocazione naturale all’interno di esse, dove vige la suddivisione in sceneggiatori e disegnatori.
Se pubblichi con case editrici indipendenti per quanto ormai famose come BeccoGiallo, devi integrare a livello economico con altre collaborazioni che di solito ruotano intorno al mondo dell’immagine e dell’illustrazione, ma non è una regola. C’è anche chi fa tutt’altro.
Io da diversi anni collaboro con vari studi creativi come storyboarder ed ultimamente anche come autore televisivo ad esempio.
Anche se risentono della crisi come tutti, in mercati come la Francia, i Paesi Bassi e gli USA, gli autori trova ancora terreno fertile per potersi mantenere solo con il graphic novel. I soldi che l’editore anticipa alla firma del contratto sono molti di più e spesso sei pagato anche a tavola, non solo a percentuale di venduto. Questo perché il fumetto è molto molto considerato, vende molte più copie e quindi genera più indotto.
Ovviamente la qualità richiesta è alta e non puoi permetterti di sbagliare troppo. Se non vendi sei fuori. Per quello io sto approcciando solo ora il mercato francese, con prudenza ma comunque sicuro dei miei mezzi.
Da questo punto di vista il mestiere dell’autore di fumetti è facilitato rispetto ad altre carriere, come ad esempio quella del calciatore o del ballerino di classica. L’età non ha un peso così rilevante, anzi maturando e macinando tavole si migliora la propria tecnica e la propria capacità narrativa.
Io a trent’anni appena compiuti sono considerato ancora un giovanissimo anche se ho debuttato nel 2005 ed ho pubblicato quattro libri in quattro anni.
Gipi è diventato famoso a 40 anni inoltrati…Di tempo ne ho ancora!

Cosa non va nel fumetto-mondo italiano?
I problemi del fumetto-mondo italiano sono molti. Alcuni interni al sistema fumetto, altri invece condivisi con tutto il mercato dell’editoria, libri, riviste ecc…
Ti faccio un esempio pratico. Un autore di graphic novel, sia che pubblichi con Coconino, sia che pubblichi con BeccoGiallo o con altri editori simili, percepisce in media di royalties tra il 7 ed il 9% del prezzo di copertina. Se Maradona costa 15 euro, ad ogni copia venduta io percepisco quindi poco più di un euro. Dove finiscono i restanti 14 euro? Uno potrebbe credere che l’editore si intaschi la maggior parte del malloppo per farsi la Porsche alle spalle del giovane fumettaro sottopagato per poi scoprire invece che l’editore guadagna poco di più dell’autore. E lui deve rientrare pure della stampa del libro in tipografia che costa sempre di più per via dell’aumento del costo della materia prima, la carta. L’editore anticipa molti soldi esponendosi ad un grosso rischio imprenditoriale.
Un libro come Maradona può costare tranquillamente 3 euro a volume in tipografia, un quinto del suo costo complessivo al pubblico. E’ tantissimo.
La fetta maggiore della torta viene divisa tra il rivenditore, quindi la libreria, ed il distributore, il vero “anello malato” della filiera. Il distributore, ovvero colui che porta il volume stampato dalla casa editrice agli scaffali delle librerie può arrivare a guadagnare anche il 60% del prezzo di copertina! Il rischio imprenditoriale inoltre è quasi nullo.
Purtroppo però i grandi gruppi che si occupano della distribuzione si chiamano RCS, Messaggerie, ecc…sono gruppi enormi che hanno un forte potere contrattuale. Dettano loro le regole. O ci stai o ti tieni i volumi in magazzino e ti accontenti di una distribuzione minore, locale, in qualche piccola libreria.
Ma questo è un problema di tutta l’editoria, anche quella di varia. Bisognerebbe rinegoziare e ridistribuire i pesi. Se gli editori iniziano ad incassare di più, si possono permettere di investire più soldi sui bravi autori e anche di abbassare un poco i prezzi di copertina, facendo aumentare le vendite. Un’intera filiera si rimetterebbe in moto.
Se questo non dovesse avvenire, l’editoria dovrebbe cercare un sistema alternativo alla classica distribuzione, sia che esso passi da internet, da distributori “etici” e “sostenibili” o tramite l’ebook.
Bisogna ancora trovare la soluzione ma è un momento di fermento. Non sono pessimista. Ci sono molte idee e molta voglia di fare cose belle in giro.
Ovviamente questo è solo uno dei problemi del fumetto-mondo. Ce ne sarebbero altri ma non basterebbe lo spazio dell’intervista per elencarli!

 

Etenesh
Makkox e Zerocalcare sono due dei nomi più importanti nel panorama italiano e hanno costruito la loro fama attraverso un blog. Qual è il rapporto tra il web e il tuo lavoro?
Il web è fondamentale per il mio lavoro. Ho un blog, biancoruvido.com, dove sono solito postare con frequenza settimanale aggiornando i lettori sulle novità e su curiosità varie legate alle mie uscite ed alle presentazioni. Ospito inoltre, con cadenza quindicinale, una rubrica chiamata Beluga discount curata dall’amico e scrittore Giorgio Bologna.
Il blog però lo considero solo come una vetrina ufficiale, quasi “istituzionale”. Se non sei molto famoso e non posti con frequenza i commenti scarseggiano anche se il traffico di visitatori può sembrare buono.
Per interagire con i lettori, le persone interessate al mio lavoro ed con tutti gli utenti in genere uso Facebook e Twitter, molto più immediati e diretti. Facebook è molto efficace per la promozione del nuovo libro ad esempio.
Devo comunque precisare che per quanto fondamentale, la mia carriera non è fondata sul web, come ad esempio per Makkox e Zerocalcare che tu citavi. Loro hanno anche un tipo di prodotto adatto alla piattaforma. Vignette efficaci, ben fatte, di qualità e di veloce lettura che “consumi” in ufficio dopo la pausa pranzo o in qualche momento di cazzeggio.

La Becco Giallo è una casa editrice nota soprattutto per volumi impegnati, politicamente e socialmente, da Piazza Fontana a Olivetti. Come li hai convinti a puntare su un titolo apparentemente lontano dalla loro linea editoriale come Maradona?
Come dicevo, non li ho convinti. Loro volevano pubblicare un libro su Maradona.
Maradona è politica, Maradona è un fenomeno sociale, Maradona è anche parte della memoria di questo Paese se vogliamo. E’ BeccoGiallo a tutti gli effetti.
E poi insomma…ha un Che Guevara tatuato grande e grosso sul braccio. Qualcosa vorrà pur dire…
Ricordo solo una celebre frase del regista Emir Kusturica che su di lui fece un intero film: “Se Maradona non fosse diventato un campione di calcio sarebbe stato un rivoluzionario, ne sono sicuro”.
Hanno pubblicato anche Gigi Meroni, ribelle granata qualche anno fa. Anche lui era un calciatore.
E dal titolo già si possono capire molte cose.

Nell’ultimo periodo hai realizzato dei live painting durante le performance musicali di alcuni artisti, tra cui Caparezza per citarne uno. Come ha influito la commistione tra musica e fumetto sul tuo lavoro? Si deve a queste esperienze il capitolo “musicale” in Maradona?
La musica è un elemento primario e portante della mia vita, come il cibo. Ne compro molta, ne ascolto moltissima. E’ inevitabile che finisca anche nei miei libri.
Ho suonato parecchi anni, tra corsi di pianoforte e rockband varie. La musica ispira e suggestiona. Dona anche idee narrative validissime. Prendi ad esempio De Andrè. Partendo dai suoi album si potrebbero fare graphic novel meravigliosi. Sono densi di idee, di spunti e riflessioni, di poesia.
Quando lavoro al tavolo da disegno ascolto sempre della musica, tranne quando scrivo, allora mi distrae troppo.
Il live painting crea la massima commistione tra musica e fumetto credo. Un’interazione diretta e perfetta. Con il giusto grado di trasporto ti sembrerà di suonare con la band, di essere sul palco con loro, sempre se non lo sei già fisicamente! In quei momenti ti liberi dalle catene, dalle gabbie che di solito inchiodano il tuo disegno dentro le vignette. E’ come un urlo, è come spogliarsi e rimanere nudo davanti a tutti. E’ una cosa molto intima disegnare davanti a tante persone per un autore di fumetto che di solito è abituato a lavorare in solitudine. Richiede innanzitutto una buona dose di sano esibizionismo e di sicurezza nei propri mezzi. Oppure un paio di bicchieri di rosso bevuti prima di cominciare il live!
Il capitolo “musicale” presente nel volume, ispirato dalla canzone di Valerio Jovine, ora anche front-man dei 99Posse, è nato innanzitutto perché O’ reggae ‘e Maradona incarna in poco più di tre minuti tutto ciò che Diego è stato per i napoletani. E’ un inno ormai. E’ una canzone che doveva esserci nel libro. Tanto da avere un capitolo tutto suo! Sono andato a Napoli, nello studio di registrazione di Valerio, ne abbiamo parlato e lui è rimasto molto colpito dall’idea. Quindi la cosa si è fatta.

In contemporanea alla pubblicazione del volume è uscita la canzone Bisogno di una notte di mezza estate, di Linea del Pane, che fa da colonna sonora alla storia. Come è nata l’idea della collaborazione?
Era un po’ di tempo che volevo collaborare con Teo Manzo, che prima di essere voce e parole de La linea del pane è un mio grande e caro amico. Lui è un cantautore di 24 anni di una bravura rara e il progetto de La linea del pane è una delle cose migliori che il panorama, non milanese, ma italiano stia partorendo. Teo è un artista vero, scrive e suona con il cuore, con molto sincerità, niente a che vedere con il circolino plastificato, omologato e privo di contenuti che l’indie propina. Non ha paura di essere dentro o fuori dal mercato. La linea del pane è pochissimo fumo e tutto arrosto. Non segue il gusto della gente, lo crea. E’ molto diverso.
Quindi è chiaro che una collaborazione con loro per me voleva dire aggiungere valore all’opera  Mi piaceva l’idea che i lettori potessero avere qualcosina in più del solito. Infatti negli approfondimenti si possono trovare il testo della canzone e un breve intro di come tutto è nato. L’mp3 si può scaricare in rete e da itunes o anche dal mio blog.
Una sera parlai a Teo della mia idea di far uscire una loro canzone assieme al libro, molto liberamente ispirata ad esso. Ero convinto che i temi e soprattutto i sotto temi trattati nel graphic novel potessero essere un buono spunto per scriverci un brano. Lui, anche se il giro di parole durò un paio d’ore (tirando in mezzo finanche Pasolini), se ne convinse quasi subito e ci lavorò un paio di mesi assieme a Kevin (batterista) e Marco(basso) e ne uscì un piccolo capolavoro intitolato Bisogno di una notte di mezza estate.
Una piccola chicca: la prima strofa inizia con la frase “Mamma, sai perché mi batte forte forte il cuore…” che fa “il verso” ad un famoso motivetto che cantavano i napoletani in onore di Diego.

 

 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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